COS'E'

Esiste oggi un elevato tasso di malnutrizione nel mondo ma secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica nell'intero pianeta. Siamo infatti di fronte a una vera e propria epidemia globale, che si sta diffondendo in molti Paesi e che può causare, in assenza di un’azione immediata, problemi sanitari molto gravi nei prossimi anni. L’eccesso ponderale è una condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo, in genere a causa di un’alimentazione scorretta e di una vita sedentaria. Alimentazione e attività fisica sono comportamenti fortemente influenzati dalle condizioni sociali, economiche e culturali. E' importante infatti sottolineare che l’obesità non è un “problema dei ricchi” o almeno, non solo: le fasce di popolazione più svantaggiate dal punto di vista socioeconomico tendono infatti a consumare più carne, grassi e carboidrati, piuttosto che frutta e verdura, e a curare meno la propria immagine e il benessere fisico. A livello psicologico, l’obesità può stravolgere completamente la vita di una persona: chi è obeso spesso viene isolato e sottoposto a una vera e propria stigmatizzazione sociale, che rende difficile qualunque tipo di socialità. La componente genetica dell’obesità è stata rilevata in diversi studi; data comunque la natura multifattoriale dell’obesità è probabile che esistano anche fattori genetici combinati in grado di favorire o meno la capacità di perdere peso e di mantenerlo basso. Obesità come fattore di rischio Obesità e sovrappeso sono condizioni associate a morte prematura e ormai universalmente riconosciute come fattori di rischio per le principali malattie croniche. Un problema particolarmente grave è quello dell’insorgenza dell’obesità tra bambini e adolescenti, esposti fin dall’età infantile a difficoltà respiratorie, problemi articolari, mobilità ridotta, ma anche disturbi dell'apparato digerente e di carattere psicologico. Inoltre, chi è obeso in età infantile lo è spesso anche da adulto: aumenta quindi il rischio di sviluppare precocemente fattori di rischio di natura cardiovascolare (ipertensione, malattie coronariche, tendenza all’infarto) e condizioni di alterato metabolismo, come il diabete di tipo 2 o l’ipercolesterolemia. L’indice di massa corporea L’obesità è definita come un eccessivo accumulo di grasso corporeo in relazione alla massa magra, in termini sia di quantità assoluta, sia di distribuzione in punti precisi del corpo. La misurazione della distribuzione del grasso corporeo può essere effettuata con diversi metodi, dalla misura delle pieghe della pelle, al rapporto tra la circonferenza della vita e dei fianchi, o con tecniche più sofisticate come gli ultrasuoni, la Tac o la risonanza magnetica. La classificazione della popolazione in base al peso viene fatta utilizzando l’indice di massa corporea (Bmi = body mass index, secondo la definizione americana), considerato il più rappresentativo della presenza di grasso corporeo in eccesso. Il Bmi si calcola secondo la formula seguente: Bmi = peso (in kg)/quadrato dell’altezza (in metri) Le classi di peso per gli adulti indicate dal Bmi sono: <18,5 sottopeso 18,5 – 24,9 normopeso 25 – 29,9 sovrappeso >30 obesità. Esistono naturalmente delle differenze legate al sesso: a parità di Bmi: le donne tendono ad avere più grasso corporeo rispetto agli uomini, così come gli anziani rispetto ai giovani. Inoltre, chi ha un fisico sportivo potrà pesare di più proprio grazie alla massa muscolare molto sviluppata, ma non rientrare per questo nella categoria sovrappeso o obesità. Per le persone sotto i 19 anni sono utilizzati per la classificazione dello stato ponderale le curve di crescita dell’Oms e i valori soglia raccomandati dall’International Obesity Task Force (Iotf) che tengono conto dell’età e del sesso. Prevenzione Nel caso dell’obesità, quando non dipende da una specifica patologia, il trattamento principale è la prevenzione: adottando stili di vita sani, grazie cioè a un’alimentazione corretta e a un’attività fisica adeguata, si può controllare il proprio peso ed evitare che superi i livelli a rischio.

Qualità e stile di vita

Ripetendo più volte che l’obesità è una condizione cronica, non si può pensare di risolvere il problema, una volta per tutte, con un periodo definito di dieta ipocalorica ed è improbabile che una persona riesca a rispettare per tutta la vita un regime alimentare fortemente restrittivo. Numerosi sono gli studi clinici presenti in letteratura che paragonano tra loro diversi trattamenti dell’obesità, medici, farmacologici e chirurgici; allo stesso modo sono stati confrontati studi che confrontano tali trattamenti nella prevenzione delle patologie obesità correlate. I risultati dei trial o delle revisioni sono di univoca interpretazione: la promozione di un corretto stile di vita, composto da una “sana alimentazione” povera in grassi saturi, come quella mediterranea che, ricca di pesce, olio d’ oliva, cereali, frutta e verdura, notoriamente protegge dalle malattie cardiovascolari. La presenza di fibre nella dieta produce, inoltre, effetti molto interessanti nel nostro organismo in quanto le fibre aiutano la digestione e danno una sensazione di sazietà, normalizzando le funzioni dell’intestino accelerandone il transito oltre a ridurre i livelli di colesterolo nel sangue. La dieta va naturalmente associata ad una attività fisica costante anche se di moderata intensità: dieta e attività fisica regolarmente. Questo è un binomio inscindibile da seguire affinchè una dieta dimagrante raggiunga i suoi migliori risultati. Il nostro corpo deve essere paragonato proprio ad una qualsiasi altra macchina che introduce energia per produrre un lavoro. Per avere un peso forma e quindi una salute migliore non si dovrebbe ingerire più di quello che può essere consumato. E’ questo l’approccio più efficace e duraturo nel tempo per affrontare la patologia obesità. Modificare il proprio stile di vita è difficile : abitudini inveterate, il tipo di lavoro, l’ambiente urbano e lo stesso eccesso di peso, sono tra i fattori che più ostacolano la capacità e la possibilità di muoversi in modo efficace e sistematico. Ma è questo il punto di partenza di pazienti e professionisti che affrontano il problema/patologia obesità in modo scientifico e sistematico.

Patologie correlate con l'obesità e il grave sovrappeso

Elevato è il rischio di sviluppare malattie, come l’ipertensione arteriosa, l’arteriosclerosi, le malattie cardio-vascolari (morte improvvisa, angina pectoris, infarto, malattie cerebrovascolari, stroke), il diabete di tipo 2, i disturbi del respiro e del sonno. Le apnee notturne si verificano in più del 10% degli uomini e delle donne con un BMI > 30 e il 65-75% dei soggetti con apnee notturne è affetto da obesità. Le apnee notturne sono più frequenti nelle persone con un eccesso di grasso localizzato a livello dell’addome e del collo. Una minoranza di persone affette da obesità sviluppa una seria condizione medica caratterizzata da frequenti episodi di apnee notturne, che in alcuni casi si possono verificare anche nelle ore diurne. In questa condizione, oltre alle apnee, è presente sonno disturbato con frequenti risvegli determinati dalla ripresa del respiro dopo l’episodio di apnea. Queste modificazioni costituiscono la manifestazione clinica della “sindrome obesità- ipoventilazione” che aumenta in modo considerevole il rischio di insufficienza respiratoria, ipertensione arteriosa, aritmie cardiache, malattie cardiovascolari e scompenso cardiaco. Esiste, poi, una correlazione tra obesità e alcune forme di tumori (es. endometrio, ovaie, cervice uterina, mammelle nelle donne in postmenopausa, prostata, colon, colecisti, vescica e rene). L’aumentata incidenza di cancro si pensa sia la diretta conseguenza di modificazioni ormonali e/o di una dieta ricca di grassi e povera di fibre. Si ricordano, inoltre, le patologie degenerative osteoarticolari. La prevalenza dell’obesità sta aumentando cospicuamente anche nella popolazione di età maggiore a 65 anni. Gli effetti dell’obesità e del processo d’invecchiamento sulla disabilità finiscono per sommarsi. Si prevede che, in un prossimo futuro, l’invecchiamento della popolazione insieme all’ aumento ponderale e alla sedentarietà finiranno per condizionare negativamente la funzione muscoloscheletrica a causa del carico eccessivo del peso sulle articolazioni e, quindi, l’incidenza di sindromi osteoarticolari, foriere di disabilità. La steatosi epatica (malattia del fegato grasso non alcolica) è una complicanza che affligge il 10-25% della popolazione adulta e il 58-77% delle persone affette da obesità. In un quarto dei casi si sviluppa fibrosi e necrosi infiammatoria, e cioè una grave malattia del fegato non reversibile che può anche portare alla morte. L’obesità nelle donne in pre-menopausa è associata a irregolarità mestruali e amenorrea. La condizione più importante associata all’obesità addominale è la “sindrome dell’ovaio policistico”, condizione caratterizzata da infertilità, disturbi mestruali, irsutismo, iperandrogenismo addominale e anovulazione. La sindrome è associata a iperinsulinemia e a resistenza insulinica. L’obesità durante la gravidanza si associa a un aumento di morbidità sia per la madre sia per il bambino. Nelle donne obese gravide è stato osservato un incremento di ipertensione arteriosa e gestosi gravidica. Il “nemico silente” è il rischio dell’ instaurarsi della“Sindrome metabolica”, consistente in una serie di alterazioni organiche e forse il maggior fattore di rischio per le malattie cardiovascolari.

Approfondimenti

La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è finalizzata a modificare i pensieri distorti, le emozioni disfunzionali e i comportamenti disadattivi del paziente, producendo la riduzione e l’eliminazione del sintomo e apportando miglioramenti duraturi nel tempo. La TCC è una terapia adatta al trattamento individuale, di coppia e di gruppo, e funziona a prescindere dal livello culturale, dalla condizione sociale e dall’orientamento sessuale del paziente. L’approccio cognitivo-comportamentale è indicato nel caso di obesità in quanto consente di perseguire i due principali obiettivi del trattamento del sovrappeso. Le tecniche comportamentali infatti consentono di determinare una perdita di peso corporeo del 5%-10% (peso più sano) e di raggiungere quindi il primo obiettivo del trattamento (ottenere un peso più sano). Le tecniche cognitive invece agiscono principalmente sulle preoccupazioni e sulle problematiche inerenti l’aspetto fisico e il desiderio di cambiare forma fisica (l’immagine corporea del paziente) e su altre cognizioni centrali alla sovralimentazione. Questo fa sì che si possa raggiungere il secondo e fondamentale obiettivo del trattamento, il mantenimento del peso raggiunto). Tecniche cognitive e comportamentali utilizzate nel trattamento dell’obesità Bilancia decisionale Auto-monitoraggio dell’assunzione di cibo Auto-monitoraggio del peso Tecniche di auto-rinforzo Strategie per valutare il sostegno sociale Tecniche di controllo degli stimoli Aumento della consapevolezza dei segnali biologici di fame e sazietà Ristrutturazione cognitiva Esempi di pensieri disfunzionali sull’alimentazione e sull’attività fisica Training sulle abilità di problem solving e sulla gestione delle emozioni Bilancia decisionale La ‘Bilancia decisionale’ è una tecnica utilizzata per confrontare i benefici e i costi percepiti nell’intraprendere un cambiamento comportamentale. Si mettono a confronto i benefici che ci si aspetta dalla perdita di peso e i costi che dovranno essere affrontati per raggiungere tale obiettivo. Auto-monitoraggio dell’assunzione di cibo L’auto-monitoraggio dell’assunzione di cibo è una tecnica tramite cui si registra su un diario la quantità e la qualità di cibo assunto, l’ora, il luogo e le circostanze (ambientali, interpersonali, emotive) che hanno influenzato il comportamento alimentare. I due scopi principali sono: Raccogliere importanti informazioni riguardanti il comportamento alimentare Diventare consapevoli che l’alimentazione in eccesso non è un comportamento automatico ma è determinato dal fatto che alcune situazioni sociali, emotive, interpersonali e/o fisiologiche non sono gestite in modo adeguato. Auto-monitoraggio del peso L’auto-monitoraggio del peso è una tecnica che consiste nel valutare il peso settimanalmente, in un giorno prefissato. Si utilizza una tabella predisposta e la riproduzione di un grafico mensile. Tecniche di auto-rinforzo Le tecniche di auto-rinforzo prevedono la costruzione di un sistema di rinforzo capace di fornire ricompense e vantaggi a breve termine per le modificazioni comportamentali messe in atto fino a quando queste non produrranno dei vantaggi duraturi. Strategie per valutare il sostegno sociale L’ambiente esterno è caratterizzato da situazioni sociali, relazioni interpersonali (amici, familiari, conoscenti), ambiente di lavoro e stimoli alimentari che possono essere ostili. L’ambiente che ci circonda, infatti, da un lato disprezza chi non è riuscito a rimanere magro, dall’altro stimola con ogni mezzo a mangiare in eccesso! È importante quindi individuare chi, nell’ambiente sociale, può dare il migliore sostegno e chi invece influisce negativamente. Nello specifico, la tecnica consente di stilare una lista di persone con cui si è in stretto contatto (familiari, amici, colleghi, vicini) e successivamente di valutare ciascuna persona. Tecniche di controllo degli stimoli Il comportamento alimentare di ogni persona è suddivisibile in tre momenti: Gli antecedenti – eventi che si verificano prima di mangiare L’atto del mangiare – eventi che si verificano durante l’assunzione di cibo Le conseguenze – eventi che si verificano dopo l’assunzione di cibo È possibile apprendere varie tecniche di controllo da applicare nei tre momenti: Strategie per gli antecedenti – strategie che aiutano a migliorare il modo di fare la spesa, di riporre, di preparare e di servire il cibo; ecc. Strategie per il momento del mangiare – strategie che aiutano a mangiare lentamente, non fare niente mentre si mangia (evitare di guardare la Tv, leggere; consumare il pasto nello stesso posto e ora, se possibile) Strategie per le conseguenze – strategie che aiutano a ridurre gli stimoli che si possono verificare in questo particolare momento (sparecchiare subito dopo aver terminato, non conservare gli avanzi, lasciare la tavola subito, ecc.). Aumento della consapevolezza dei segnali biologici di fame e sazietà Molte persone obese hanno molta difficoltà a distinguere le loro sensazioni biologiche di fame e sazietà. La conseguenza è che spesso si mangia non per fame ma per regole, abitudini o per gestire degli stati emotivi (rabbia, tristezza, ansia, ecc.). È necessario quindi un addestramento per aumentare la consapevolezza dei propri segnali biologici di fame e sazietà; solo una volta diventati più consapevoli, si potrà gradualmente affidarsi ad essi per regolare il proprio comportamento alimentare. Ristrutturazione cognitiva L’intervento di ristrutturazione cognitiva implica una gamma di tecniche finalizzate a modificare le convinzioni, le immagini, le autoistruzioni della persona. Addestrare il soggetto ad acquisire la capacità di: Regolare i propri pensieri disfunzionali automatici Riconoscere le connessioni tra pensieri, emozioni e comportamento Esaminare le prove a favore e contro i pensieri automatici disfunzionali Sostituire i pensieri disfunzionali con interpretazioni più realistiche e funzionali Imparare ad individuare e a modificare le convinzioni disfunzionali che predispongono a travisare le proprie esperienze. È particolarmente importante lavorare sui pensieri disfunzionali che la persona ha nei confronti dell’alimentazione e dell’attività fisica. Esempi di pensieri disfunzionali sull’alimentazione e sull’attività fisica Tutti in famiglia mi devono aiutare a seguire il programma, mangiando nella mia stessa maniera. Se questo non accadrà non potrò mai farcela. Non ho fatto attività fisica per quattro giorni tanto vale che salti anche i rimanenti giorni della settimana. Non posso resistere ai cioccolatini quando li vedo, devo mangiarli perché mi piacciono troppo. Questo mese sono troppo impegnato. Inizierò il mio programma di attività fisica da lunedì prossimo. È impossibile dire di no agli amici quando offrono cibo alle cene. Oggi ho avuto un giorno molto stressante, mi merito un po’ di riposo, salterò la mia seduta di attività fisica. Dovrei già essere stato in grado di perdere 10 kg , dal momento che non ci sono riuscito non valgo niente! Sono troppo grasso per fare attività fisica. Training sulle abilità di problem solving e sulla gestione delle emozioni E' volto a far acquisire una serie di abilità per far fronte alle circostanze che aumentano il rischio di ricaduta. In particolare il training serve per: imparare a riconoscere le situazioni che pongono a rischio di una ricaduta e a utilizzare tecniche di risoluzione dei problemi per farvi fronte efficacemente senza perdere il controllo sull’alimentazione ristrutturare i pensieri disfunzionali, in particolare sull’alimentazione e sull’attività fisica discutere e modificare il senso di fallimento eventualmente presente in seguito a una ricaduta. gestire le emozioni intense quali ansia, rabbia, tristezza, frustrazione, impotenza al fine di evitare l’utilizzo del cibo per calmarsi; sfogarsi; anestetizzarsi; ecc..

L’approccio all’ obesità richiede sicuramente un ampio spettro di interventi indipendenti, ma coordinati a differenti livelli, dalla prevenzione al mantenimento del peso, alla cura delle complicanze mediche. Le strategie d’ intervento devono, quindi, essere complesse e integrate, sia dal punto di vista della prevenzione primaria sia da quello del trattamento e della prevenzione secondaria. Poichè l’obesità è uno stato morboso di tipo cronico degenerativo, la prevenzione primaria sarebbe l’intervento più indicato. La cura del sovrappeso e dell’ obesità e la sua prevenzione secondaria, che significa impedire che l’eccesso ponderale sviluppi le sue complicanze, sono compito precipuo del clinico e del suo team. Le evidenze scientifiche, sperimentali e cliniche, sembrano dimostrare che la tradizionale terapia prescrittiva (dieta, farmaci, attività fisica) ha profondamente deluso, con risultati a medio e lungo termine del tutto insoddisfacente. Le motivazioni sono molteplici, ma vi sono oggi convincenti indicazioni che l’approccio riabilitativo integrato possiede il razionale più adeguato al trattamento dell’obesità: infatti, è quello che risponde meglio alle caratteristiche di cronicità e comorbilità di questo stato morboso e alla necessità di coinvolgere nel trattamento figure professionali diverse.

In Italia erano disponibili sul mercato solo due farmaci che hanno indicazioni specifiche per la cura dell’obesità a lungo termine: l’orlistat e la sibutramina(anche questa ritirata di recente dal commercio). Altri farmaci, ad esempio le amfetamine, non sono più indicati per la cura dell’obesità perché il loro effetto è di breve durata (l’obesità è una condizione cronica che richiede un trattamento continuativo) e sono gravati da numerosi effetti collaterali, come ad esempio lo sviluppo di dipendenza. Sul mercato sono presenti anche numerosi integratori alimentari proposti come aiutanti del dimagramento, ma fino ad ora nessuna ricerca scientifica seria ha dimostrato che essi abbiano una qualche azione aggiuntiva nella perdita di peso oltre a quella ottenibile con la dieta e l’attività fisica. L’orlistat è un farmaco che favorisce la perdita di peso attraverso l’inibizione di enzimi deputati all’assorbimento dei grassi (le lipasi gastrointestinali); tale azione determina una riduzione dell’assorbimento dei grassi della dieta, in media del 30% con una dose di 120 mg tre volte al giorno. Il farmaco, associato alla dieta e all’attività fisica, determina in media una perdita di peso superiore al placebo di circa il 3-4%, con un effetto positivo, ma modesto sul mantenimento del peso anche a quattro anni. La sibutramina è un agente farmacologico per il trattamento dell’obesità che, inibendo la ricaptazione della noradrenalina e della serotonina, favorisce la perdita di peso attraverso due meccanismi principali: la riduzione dell’introito di cibo grazie a un aumento della sazietà e l’aumento del dispendio energetico. Gli studi effettuati hanno dimostrato che la sibutramina determina una perdita di peso superiore al placebo di circa il 4,3-5%, che si mantiene se il farmaco è assunto in modo continuativo anche dopo due anni. Purtroppo, la terapia farmacologica dell’obesità presenta numerosi problemi non ancora risolti:è costosa, si è calcolato che il prezzo da pagare per ogni chilogrammo di peso perduto è di 433 dollari americani con l’orlistat e di 323 dollari americani con la sibutramina; determina spesso effetti collaterali (es. diarrea e perdita di feci liquide con l’orlistat; aumento della pressione sanguinea e della frequenza cardiaca con la sibutramina); favorisce la perdita di peso nei primi sei mesi e poi il calo si arresta; se il farmaco è sospeso il peso è recuperato; non ci sono studi che abbiano dimostrato un’efficacia e una sicurezza oltre i due anni (quattro con l’orlistat). È evidente che fino a che non saranno risolti questi problemi la terapia farmacologica non può essere considerata il trattamento di elezione per la cura dell’obesità.