Tecniche e pratiche psicoterapeutiche

Tecniche, Approcci, Strategie

Psicoterapia cognitivo comportamentale

La TCC aiuta le persone a identificare i propri pensieri disfunzionali, ad esempio quelli angoscianti, e a valutare quanto siano realistici. Mettendo in luce le interpretazioni errate e proponendone delle alternative - ossia, delle spiegazioni più plausibili degli eventi - si produce una diminuzione quasi immediata dei sintomi.

Approfondimento

La psicoterapia cognitivo comportamentale (TCC) fu creata e sviluppata negli anni ’60 da A.T. Beck e, ancora oggi è utilizzata nella pratica clinica da buona parte degli psicoterapeuti in Europa e nel mondo. Questo modello, infatti, trova maggiore conferma scientifica nel panorama nazionale e internazionale attraverso studi e ricerche di evidenza scientifica. È una terapia strutturata (si articola secondo una struttura ben definita, ma non in maniera rigida, per assicurarne la massima efficacia), direttiva (il terapeuta accompagna il cliente a prendere consapevolezza delle proprie difficoltà ), di breve durata (cambiamenti significativi sono attesi entro i primi sei mesi) e rivolta al presente (è volta a risolvere i problemi attuali, anche se generalmente l’origine risale ad altri periodi della vita del soggetto). Lo scopo finale è modificare i pensieri e le credenze distorte, le emozioni disfunzionali e i comportamenti disadattivi del cliente, arrivando a ridurre ed eliminare il sintomo costruendo così le basi per un miglioramento nel tempo. La TCC è una terapia adatta al trattamento individuale, di coppia e di gruppo, e funziona a prescindere dal livello culturale, la condizione sociale e l’orientamento sessuale. È validata empiricamente sia con adulti che con bambini e adolescenti. USO DEI FARMACI L’uso appropriato di psicofarmaci non è escluso nella TCC, anzi, per alcuni disturbi specifici, la terapia risulta più efficace se associata all’assunzione di farmaci. Ciò dipenderà dalla natura e dalla gravità del disturbo lamentato dal cliente. In alcuni casi, il terapeuta potrà ritenere utile un consulto psichiatrico, ed eventualmente potranno concordare la prescrizione di farmaci. L’assunzione e gli effetti dei farmaci verranno discussi nelle sedute terapeutiche.

IL MODELLO TEORICO

In aggiunta ai riferimenti classici del comportamentismo, la TCC si basa sul modello cognitivo, che ipotizza che le emozioni e i comportamenti delle persone vengono influenzati dalla loro percezione degli eventi. Non è la situazione in sé a determinare direttamente ciò che le persone provano, ma è piuttosto il modo in cui la interpretano. All’origine dei disturbi vi è, dunque, un modo distorto di pensare, che influenza negativamente l’umore e il comportamento. La TCC aiuta le persone a identificare i propri pensieri disfunzionali, ad esempio quelli angoscianti, e a valutare quanto siano realistici. Mettendo in luce le interpretazioni errate e proponendone delle alternative - ossia, delle spiegazioni più plausibili degli eventi - si produce una diminuzione quasi immediata dei sintomi. Infatti, una valutazione realistica delle situazioni e il cambiamento del modo di pensare producono un corrispondente miglioramento dell’umore e del comportamento. Per ottenere però un risultato a lungo termine è necessario modificare le credenze disfunzionali sottostanti attraverso l’addestramento dei clienti a queste abilità cognitive. Le interazioni dei soggetti con il mondo e con le altre persone li portano a maturare alcuni convincimenti attraverso l’apprendimento - le loro credenze - che possono variare in esattezza e funzionalità. Attraverso la TCC le credenze disfunzionali possono essere "disimparate” e possono essere apprese e sviluppate nuove credenze più realistiche e funzionali. In sintesi, la TCC agirà sui pensieri automatici (che sono il livello cognitivo più superficiale: i pensieri e le immagini distorte che attraversano in maniera rapida e incontrollata la mente di una persona di fronte a certe situazioni specifiche e ne condizionano negativamente l’umore), le credenze intermedie (opinioni, regole e assunzioni disfunzionali) e le credenze di base (che costituiscono il livello più profondo: sono globali, rigide e ipergeneralizzate e vengono apprese durante l’infanzia e l’adolescenza). La TCC prevede l’uso di specifiche tecniche, diverse per ogni disturbo, di matrice comportamentale e cognitiva, peculiari a ciascuno dei 3 livelli di pensiero sopracitati. Le altre psicoterapie, differenze A differenza delle altre psicoterapie, la TCC si focalizza sul presente, è più breve ed è più orientata alla soluzione dei problemi attuali. I clienti apprendono alcune specifiche abilità e tecniche mirate al trattamento del loro disturbo da utilizzare per il resto della vita. Esse riguardano l’identificazione di modi distorti di pensare, la modificazione di convinzioni irrazionali e il cambiamento di comportamenti disadattivi. Inoltre, una differenza importante è che la TCC poggia su una base sperimentale e un metodo scientifico, e la sua efficacia nel trattamento di numerosi disturbi psicologici è stata convalidata empiricamente.

PER QUALI TIPI DI DISTURBI

Numerosi studi hanno dimostrato che la TCC è efficace nel trattamento di una vasta gamma di disturbi psicologici: la depressione, l’ansia, gli attacchi di panico, il disturbo ossessivo-compulsivo, le fobie, i disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, obesità psicogena), le forme di stress post-traumatico (trauma emotivo e fisico/sessuale), i disturbi del sonno, i disturbi da dipendenza da alcool, droghe, affettiva, sessuale e da internet, le disfunzioni sessuali, i problemi di coppia, i disturbi di personalità e, combinata alla somministrazione appropriata di farmaci, il disturbo bipolare e la schizofrenia.

DURATA DI UNA PSICOTERAPIA

Alcuni clienti rimangono in terapia per un periodo molto breve, appena sei-otto sedute. In altri casi la terapia può durare alcuni mesi o, in casi sporadici, più di un anno. Questo dipende dalla gravità del problema e dalla motivazione del cliente.

FASI DELLA PSICOTERAPIA

Le prime sedute vengono dedicate alla conoscenza dei problemi del cliente e alla costruzione della relazione terapeutica. La fase di anamnesi (assessment comportamentale e cognitivo) viene condotta utilizzando, oltre al colloquio clinico, test psicodiagnostici ed è volta alla valutazione dello stato emotivo del cliente, alla ricostruzione delle esperienze salienti della sua vita e alla chiara definizione dei suoi problemi attuali e dei suoi obiettivi. Quando il caso e la diagnosi clinica saranno definiti, il terapeuta spiegherà i principi teorici e le finalità della terapia, illustrerà brevemente le tecniche che verranno utilizzate, nonché i tempi, i costi e le probabilità di successo della terapia, per quanto possibile. Successivamente propone al cliente un contratto terapeutico, in cui riassumerà le sue valutazioni, prospetterà al cliente le sue ipotesi, formulerà delle interpretazioni degli eventi e condividerà la concettualizzazione cognitiva e comportamentale del caso. Delineerà un progetto terapeutico, con strategie e obiettivi concreti, utili e raggiungibili, connessi con i problemi esplicitati dal cliente e coerenti con le sue aspettative. Si procederà, poi, all’intervento terapeutico vero e proprio, in un clima di fiducia e di orientamento positivo al cambiamento. Verso la fine della terapia, quando il cliente si sentirà meglio, la frequenza delle sedute potrà essere diradata nel tempo fino alla conclusione. Potranno poi seguire delle sedute di richiamo (follow-up) a tre, sei e dodici mesi dalla conclusione della terapia.

LE SEDUTE E LE PRATICHE

Di solito, le sedute si svolgono all’interno di uno studio con delle poltrone e un tavolino o una scrivania. Il terapeuta e il cliente sono seduti faccia a faccia, ma la loro posizione può eventualmente variare nel caso in cui vengano utilizzate determinate tecniche (rilassamento, role-playing, modeling, MBSR ecc.). Le sedute durano circa un’ora, e la loro frequenza è settimanale (più raramente, bisettimanale). Il clima è disteso, empatico e collaborativo. Oltre al colloquio, spesso in seduta si utilizzano alcuni materiali terapeutici, come test e questionari psicodiagnostici, diari giornalieri per la registrazione e il monitoraggio delle attività del cliente, schede per esercizi in studio e per i compiti a casa (homework). Gli homework vengono personalizzati per ciascun paziente per risultare allo stesso tempo utili e piacevoli e possono essere commentati in seduta o via e-mail. Inoltre il terapeuta fornisce ai pazienti materiali di psico-educazione e biblioterapici specifici per ciascun disturbo. Dopo un rapido controllo dell’umore del paziente, si fissa un ordine del giorno, stabilendo gli argomenti da trattare in seduta. In maniera collaborativa, i problemi saranno affrontati con le tecniche più appropriate. Successivamente si passerà all’assegnazione di alcuni compiti a casa, ovvero degli esercizi che il cliente svolgerà durante la settimana e che verranno discussi insieme nella seduta successiva. Gli interventi di TCC si basano sull’uso di numerose tecniche finalizzate a modificare comportamenti, emozioni e cognizioni non funzionali. Esse derivano dall’integrazione del modello cognitivo con il paradigma comportamentale e includono: il problem-solving, il decision-making, gli esperimenti comportamentali, il monitoraggio e la programmazione delle attività, la distrazione e la rifocalizzazione, le tecniche di rilassamento, l’esposizione graduale enterocettiva e in vivo (ad esempio, per il disturbo di attacchi di panico) e l’esposizione con prevenzione della risposta (per il disturbo ossessivo-compulsivo), il role-playing, il training assertivo, e molte altre ancora. Appartenenti al paradigma cognitivo sono la ristrutturazione cognitiva, l’uso delle interpretazioni alternative e dei counter, le coping card, la tecnica della freccia discendente, l’analisi dei vantaggi e svantaggi, il continuum cognitivo, l’agire "come se”, il dialogo socratico, ecc. La TCC prevede, inoltre, dei protocolli e delle linee guida specifiche mirate al trattamento dei singoli disturbi psicologici.

ALTRI APPROCCI SPECIFICI

Interventi e tecniche specifiche per un ampio spettro di disturbi

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ACCEPTANCE AND COMMITMENT THERAPY (ACT)

L’ ACT o Acceptance and Commitment Therapy, è una forma di psicoterapia definita di “terza ondata” della Terapia Cognitivo Comportamentale, con solide basi scientifiche (Hayes, 2004). L’ACT è basata sulla Relational Frame Theory (RFT): un programma di ricerca sulle modalità di funzionamento della mente umana (Hayes, Barnes-Holmes, e Roche, 2001). Questa ricerca suggerisce che molti degli strumenti che le persone utilizzano per risolvere i problemi, conducono in una trappola che crea sofferenza. E’ un approccio terapeutico innovativo e con solido fondamento scientifico, basato sulla mindfulness, diretto a sviluppare la “flessibilità psicologica” che consente di superare i momenti critici e di vivere pienamente il presente muovendosi nella direzione tracciata dai propri valori. Presto o tardi tutti dovremo affrontare crisi, delusioni e insuccessi. Questo significa che, in un modo o nell’altro, tutti avremo pensieri e sentimenti dolorosi. Non possiamo evitare questo dolore ma possiamo imparare ad affrontarlo molto meglio, a fargli spazio, a ridurre i suoi effetti e a crearci una vita che valga ugualmente la pena di essere vissuta. “Non c’è motivo di continuare ad aspettare che la vita cominci. Il gioco dell’attesa può finire. Adesso. Come un leone rinchiuso in una gabbia di carta, gli esseri umani sono generalmente intrappolati dalle illusioni della loro mente. Ma nonostante le apparenze, la gabbia non rappresenta di fatto una barriera in grado di tenere imprigionato lo spirito umano” (Steven C. Hayes, PhD- inventore dell’ACT –università del Nevada). L’ACT ha come scopo principale l'accettazione di esperienze, emozioni, pensieri e la messa in atto di azioni coerenti con i propri valori personali. La mindfulness permette di acquisire consapevolezza del momento presente. Chi soffre, per esempio, di ansia non vive quasi mai il tempo presente, pensa costantemente al futuro, anticipa i problemi, si preoccupa, oppure una persona che soffre di depressione rivive esperienze spiacevoli del passato, si rammarica per situazioni passate che non può modificare, si colpevolizza per come sono andate le cose. La pratica quotidiana della mindfulness aiuta a vivere nel presente senza tentare di scacciare i propri pensieri e le proprie sensazioni. Possiamo così sviluppare un'accettazione incondizionata verso i contenuti della nostra mente, senza più operare distinzioni tra pensieri "belli" o "brutti", senza tentare di controllare la nostra mente o sentirci in dovere di agire spinti dai nostri pensieri automatici. La defusion ci aiuta ad osservare i nostri pensieri, emozioni e sensazioni senza fonderci con essi e ci permette di vivere CON la nostra mente piuttosto che NELLA nostra mente. Il Commitment (impegno), è fondamentale per dare un valore alla nostra vita. Ma per impegnarci dobbiamo prima comprendere quali sono le cose che per noi hanno un valore. Solo in questo modo potremo stabilire obiettivi realistici che vanno nella direzione dei nostri valori. Ma qual è la differenza tra un valore e un obiettivo? Un valore non si raggiunge mai perché è una sorta di punto cardinale (es. nord) della nostra esistenza. Gli obiettivi sono invece tappe a breve o lungo termine che dovrebbero essere nella direzione dei nostri valori Secondo l’ACT essere felici significa vivere secondo i propri valori, accentando le emozioni, i pensieri e le sensazioni che proviamo nel corso della nostra esperienza. L'ACT si è dimostrata efficace per una serie di problematiche psicologiche: depressione, fobia sociale, disturbi d’ansia, disturbo ossessivo compulsivo, stress lavorativo, dolore cronico, stress da malattia terminale, disturbo post traumatico da stress, disturbi alimentari.

Concetti di base dell' ACT

  • La sofferenza psicologica è normale, è importante ed accompagna ogni persona.Ne consegue che la felicità può essere vista nell’accezione di vivere una vita ricca, piena e significativa; non è dunque una sensazione fugace, bensì un senso profondo di una vita ben vissuta nella quale esperiamo l’intera gamma delle emozioni umane.
  • Non è possibile sbarazzarsi volontariamente della propria sofferenza psicologica, anche se si possono prendere provvedimenti per evitare d’incrementarla artificialmente
  • I processi psicologici normali sono connotati dalla realtà del dolore e della sofferenza, che si configura pertanto come stato dell’essere. Combattere contro pensieri ed emozioni negative significa ingaggiarsi in una battaglia persa in partenza, dato che il controllo che abbiamo in situazioni simili è in realtà infinitamente meno di quanto la nostra cultura voglia farci credere. .
  • Non bisogna identificarsi con la propria sofferenza. La vita comprende anche il dolore e non c’è modo di evitarlo. In quanto esseri umani dobbiamo tutti prendere atto che presto o tardi diventeremo deboli, ci ammaleremo e moriremo. Presto o tardi tutti perderemo relazioni importanti a causa di rifiuti, separazioni, lutti

TERAPIA RAZIONALE EMOTIVA (REBT)

La Terapia Comportamentale Razionale Emotiva (REBT) è una teoria psicologica che negli ultimi quarant'anni ha avuto un notevole influsso sulla psicoterapia. Al contrario di molte altre Scuole, la REBT ha alla base principi semplici, straordinariamente efficaci e facilmente trasmissibili. Al punto che i terapeuti sono soliti fornire ai pazienti sintesi semplificate della teoria REBT perché già queste conoscenze di per sé formano un'ottima base per il processo terapeutico (questa tecnica è conosciuta come biblioterapia). Il presupposto da cui parte Ellis è che, se noi riusciamo a pensare in modo razionale, la forza traumatica di qualunque evento si svuota del suo potenziale ansiogeno. infatti varie forme di disagio psicologico ed emotivo non vengono determinate dalle caratteristiche dell'evento attivante in sé, ma dai pensieri, spesso distorti e irrazionali, per mezzo dei quali lo interpretiamo e gli assegniamo un significato esageratamente disturbante. A distanza di quarant'anni da quando ho creato ed ho cominciato ad utilizzare la terapia razionale emotiva (RET), ho deciso di cambiarne nome in terapia comportamentale razionale-emotiva (rational-emotive behavior therapy/REBT), questo per il fatto che essa è sempre stata spiccatamente cognitiva, molto emozionale e particolarmente comportamentale. Come ebbi già da specificare nel 1962 nel volume Reason and Emotion in Psicoterapy (pubblicato in italiano dalla casa editrice Astrolabio col titolo Ragione ed emozione in psicoterapia) la RET "insiste nel prescrivere esercizi comportamentali e nel desensibilizzare e decondizionare il comportamento sia durante la seduta di psicoterapia che tra una seduta e l'altra". Inoltre "la RET è nel contempo sia prettamente razionale?persuasiva?interpretativa?filosofica che attivo?direttiva-emotiva-centrata sull'azione". In un articolo del 1975 scrissi anche che "la teoria della RET sostiene che gli esseri umani raramente cambiano modo di pensare cessando di credere a convinzioni controproducenti a meno che non agiscano, quanto più spesso possibile in modo difforme ad esse". Raymond Corsini, E.E. Landy ed altri noti psicoterapeuti sono giunti a simili conclusioni e lavorano persuadendo i loro pazienti a cambiare il proprio comportamento al fine di cambiare il proprio modo di pensare distruttivo. La RET ha sempre fatto ricorso preferenziale alla desensibilizzazione e all'esposizione in vivo ed alcune procedure emotive, quali i famosi esercizi antivergogna, sono spiccatamente comportamentali. Insieme alla terapia multimodale di Lazarus, la RET è stata tra le prime forme di psicoterapia a sperimentare una combinazione di metodi cognitivi, emotivi e comportamentali. Fin dal suo esordio la RET ha sottolineato l'interazione reciproca tra cognizioni, emozioni e comportamento. Oltre a ciò la RET è anche più costruttivista di altre terapie cognitivo comportamentali. Così come ebbi a correggere nel 1961 la mia prima denominazione da terapia razionale a terapia razionale-emotiva (RET), così da adesso in poi chiamerò questo tipo di terapia in modo da indicare ciò che essa è sempre stata, cioè terapia comportamentale razionale-emotiva o REBT (secondo le iniziali inglesi). Cambiare il suo nome quando esso è ormai diventato ampiamente popolare presenta qualche inconveniente e sono certo che alcuni dei suoi più tenaci sostenitori non ne saranno molto entusiasti. Peccato, ma non sarà certo terribile! Le vostre reazioni a questo nuovo nome saranno ben accette. New York, Summer 1993

Gli assunti principali della REBT

  • nella maggior parte dei casi il modo in cui ci sentiamo (emotivamente) e il modo in cui ci comportiamo sono la risultante di ciò che pensiamo
  • un modo di pensare inadeguato (illogico, distorto, irrazionale) porta a problemi emotivi e comportamentali
  • problemi emotivi e comportamentali possono essere superati imparando a sostituire pensieri irrazionali con pensieri razionali

TERAPIA METACOGNITIVA INTERPERSONALE

La Terapia Metacognitiva Interpersonale appartiene all’ultima generazione delle psicoterapie cognitive sviluppate negli ultimi vent’anni. E’ nata e si è sviluppata a metà degli anni ’90 per adattare i modelli di terapia cognitiva alla cura dei pazienti con disturbi di personalità, che rispondevano meno ai trattamenti psicoterapeutici esistenti all’epoca. Tali pazienti presentavano una serie di problemi che andavano affrontati con attenzione per favorire la cura. Procedure di trattamento Se i pazienti portano all’inizio della terapia emozioni intensamente dolorose e che sentono di non potere controllare, l’obiettivo iniziale è di formulare strategie che aiutino i pazienti a calmarsi e a riprendere, almeno in parte, il senso di poter controllare la propria mente e la propria vita. Una volta raggiunto questo scopo per tutti i pazienti, in particolare quelli sofferenti di disturbi di personalità, la Terapia Metacognitiva Interpersonale adotta procedure passo-dopo-passo, definite in modo accurato. L’importanza della relazione terapeutica Nella Terapia Metacognitiva Interpersonale il terapeuta cerca di instaurare col paziente una relazione positiva, paritetica e collaborativa e di far sì che il clima nel quale si svolge la seduta sia ben modulato. Il terapeuta mira da un lato a ridurre eventuali tensioni, dall’altro a far sì che la seduta sia più possibile vitale. Fin dalle prime sedute il terapeuta presta attenzione alla qualità della relazione, riconoscendo precocemente segnali di conflitto, mancanza di condivisione, sfiducia, chiusura o demoralizzazione da parte del paziente. Il terapeuta lavora da subito dentro di sé per evitare di contribuire alla qualità negativa della relazione e tenta di ripristinare il suo buon assetto. I passi principali che il terapeuta dovrebbe compiere per migliorare la relazione con il paziente sono: a) identificare gli schemi di relazione (rappresentazioni di sé con l'altro) prevalenti che emergono sia nei racconti del paziente, che nell'interazione tra paziente e terapeuta; b) modulare le proprie reazioni, evitando di mettere in atto azioni che porterebbero ulteriore distanza o conflitto nella relazione; c) centrare la seduta a partire da un lato da quello che il paziente sente più rilevante, problematico o doloroso, evitando di imporre la propria agenda su come la seduta dovrebbe svolgersi al paziente. Allo stesso tempo il terapeuta cerca di centrare il discorso su temi o interessi che siano cari al paziente e, quando possibile, che il terapeuta stesso condivide. In questo modo si mira a tenere la conversazione all’interno del massimo grado di sintonia e condivisione possibili. d) quando, malgrado i tentativi effettuati, la qualità della relazione si altera e si creano conflitti e chiusure, il terapeuta invita il paziente e se stesso in un processo di riflessione condivisa. Il paziente sa che può parlare apertamente di qualunque problema nella relazione con il terapeuta, all’interno naturalmente di un contesto in cui i limiti della correttezza reciproca siano mantenuti, e che parlare dei problemi aiuta a migliorare la qualità della relazione e a risolvere i problemi. e) la relazione terapeutica diventa una fonte preziosissima di informazione per capire il mondo interno del paziente. Quando la qualità della relazione è buona, e quando eventuali problemi tra paziente e terapeuta sono stati riconosciuti e superati insieme, il paziente può comprendere come abbia vissuto la relazione con il terapeuta in modo simile a come vive le relazioni nella sua vita. Scoprire che nella relazione terapeutica i problemi possono essere superati, o meglio ancora, che non si presentano come si temeva, è una fonte importantissima di cambiamento: il paziente scopre nuove modalità di gestione dei problemi e che le idee che aveva su di sé e sugli altri possono essere messe in discussione, che relazioni positive e benefiche esistono e possono essere raggiunte.

la Terapia Metacognitiva Interpersonale si basa sull’idea che

  • Alcuni pazienti hanno difficoltà a descrivere il proprio mondo interiore, ad esempio comprendere cosa abbia scatenato un’emozione e in che modo quell’emozione abbia portato a conseguenze negative che la persona non sa padroneggiare. In parallelo queste persone hanno difficoltà a comprendere cosa gli altri pensano e sentono e ad utilizzare tale conoscenza per migliorare la loro vita di relazione e formare legami stabili e cooperativi. L’insieme di queste capacità psicologiche che permettono di comprendere il proprio mondo interno e i pensieri, le emozioni e le motivazioni che spingono gli altri a comportarsi in determinati modi è chiamata metacognizione.
  • Gli stessi pazienti sono guidati nella vita di relazione da un insieme di aspettative - delle quali molto spesso non sono consapevoli e le mettono in atto in modo automatico - su come gli altri risponderanno ai loro desideri, speranze, piani, bisogni e ambizioni. Tali aspettative sono chiamate “schemi interpersonali”. A causa di queste aspettative le persone o soffrono ancor prima di entrare in relazione con gli altri, oppure compiono azioni che da un lato impediranno loro di realizzare tali desideri, dall’altro non indurranno gli altri a rispondere in modo positivo. Ad esempio persone che desiderano essere stimate e partono dalla convinzione che gli altri li criticheranno se li conosceranno meglio, di riflesso saranno portate a sperimentare facilmente sentimenti come colpa o vergogna. Allo stesso momento tenderanno facilmente ad evitare di mostrarsi - “se mi conosce mi criticherà e mi rifiuterà”; se l’altro darà segnali di apprezzamento o approvazione è probabile che il paziente non li noterà o li sminuirà; se l’altro darà segnali anche minimi di tipo negativo il paziente tenderà ad amplificarli, reagirà con estrema intensità emotiva e probabilmente si bloccherà nel tentare di realizzare le proprie mete.
  • Alcuni pazienti, una volta sperimentati degli stati interni fonte di dolore, si trovano sprovvisti di strategie per regolarli. Alcuni fanno fatica a calmarsi e restano preda di emozioni intense e difficile da controllare, quali angoscia, colpa, vergogna o rabbia. Altri, al contrario, entrano in stati di spegnimento affettivo, apatia e depressione e non riescono ad uscirne grazie ad esperienze di attività e benessere.
  • Alcuni pazienti faticano a muoversi nel mondo trainati da una forza interna, da mete sentite come proprie, a capire cosa desiderano e a farsene guidare. Di conseguenza restano facilmente bloccati, passivi e si sentono in balia di forze esterne o privi del senso di avere il controllo sulle proprie azioni.

La Terapia Metacognitiva Interpersonale mira a migliorare la metacognizione

  • la capacità di comprendere i pensieri, le emozioni, le cause psicologiche dei propri comportamenti disfunzionali
  • promuovere ed affinare la capacità di capire cosa gli altri pensano, provano e cosa li muove ad agire
  • utilizzare la conoscenza sul proprio mondo interno e sul mondo psicologico degli altri per lenire la sofferenza e promuovere modi di relazionarsi con gli altri che permettano di vivere una vita sociale più realizzata, piena di senso e attiva.
  • Comprendere quali sono gli schemi interpersonali che guidano le azioni che a loro volta portano a soffrire e a bloccare la vita sentimentale, affettiva e di relazione in generale
  • Comprendere quali siano le strategie che la persona adotta per calmare le emozioni negative o superare momenti di passività, chiusura e depressione
  • Una volta aumentata la capacità di capire gli stati mentali, ovvero la metacognizione, e una volta compresi gli schemi interpersonali problematici e le strategie disfunzionali per regolare le emozioni negative, paziente e terapeuta intraprendono una serie di azioni volte a promuovere il cambiamento.

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